Kelly Clara
I miei lavori. Racconti, ricerche e ...
La ricerca dell'elemento perturbante nel romanzo "It" di Stephen King
Stephen King è riconosciuto come uno dei maggiori esponenti della letteratura americana contemporanea. Nato nel 1947, l'autore di capolavori quali Il Miglio Verde, Shining, Misery e Pet Sematary è conosciuto in tutto il mondo come il Re del Terrore.
Questa etichetta è da attribuire al fatto che la maggior parte delle sue opere contiene una dose massiccia di suspance, incubi, paura ed efferatezza. Tuttavia, ciò che a molti lettori sfugge è l'intreccio sotterraneo di episodi assolutamente banali con fatti perturbanti a tutti gli effetti. L'ipotesi più accreditata è che King scriva del terrore perchè ha la spiccata dote di inscenare cruenza e brutalità. Ipotesi che io personalmente non condivido e motivo per cui ho deciso di analizzare uno dei suoi capolavori, il quale, secondo me, è un Bildungsroman travestito da romanzo dell'orrore. Sto parlando di It.
“Il Bildungsroman consiste nella «storia di un giovane uomo che fa il suo ingresso nella vita avvolto da una felice incoscienza, cerca anime gemelle, incontra l’amicizia e l’amore, si scontra però con le dure realtà del mondo e, tra molteplici esperienze di vita matura, ritrova se stesso e si assicura del suo compito nel mondo.”1
Analizzando in profondità questa opera balza subito all'occhio come King abbia voluto mettere nero su bianco le paure che accomunano tutti i bambini del mondo: paure insensate e spesso raccappriccianti, ma proprio perchè fanno parte dell'immaginario di un bambino sono più forti e difficili da debellare.
Nel 1957 una cittadina del Maine viene scossa da una violenta ondata di brutali omicidi e sparizioni di bambini. Il primo della lunga serie è George Denbrough, fratellino del protagonista, il quale viene brutalmente assassinato mentre sta giocando con una barchetta di carta lungo la canaletta di scolo. L'autore di questa atrocità sembra essere un clown, Pennywise, il quale esiste dall'inizio dei tempi nei sotterranei della cittadina di Derry e che ogni 27 anni si risveglia da un lungo sonno per dar via alla sanguinosa scia di delitti.
Il primo elemento perturbante, che ci dovrebbe far capire che King in realtà non è semplicemente uno scrittore a cui piace spaventare i lettori, sta nel fatto che proprio un pagliaccio è il portatore di morte tra la fascia più giovane e indifesa degli abitanti. I clown sono sempre associati al circo, al divertimento, agli scherzi stupidi e ai palloncini, insomma a tutto ciò che fa ridere e divertire i bambini. È per questo che le vittime si avvicinano ignare al pericolo: chi mai penserebbe di venire ucciso da un pagliaccio, una figura riconosciuta “familiare” dall'immaginario collettivo?
È proprio perchè si associano delle sensazioni gradevoli ed entusiastiche che quando ci imbattiamo per la prima volta in Pennywise ci facciamo prendere da un incantevole terrore, attratti dalla lettura come una falena lo è dalla luce. Pennywise, il Clown Ballerino, si rivolge a George dall'interno di una canaletta di scolo. Il lettore è portato a chiedersi con una certa apprensione: “Cosa ci fa un clown, assieme a tutto il circo, nelle fognature di una città? E perchè invece di cercare una via d'uscita si intrattiene con un bambino parlandogli attraverso una canaletta di scolo?”
L'intento di King è quello di creare una stonatura rispetto a ciò che una persona normale si aspetterebbe in un contesto normale. I pagliacci hanno sempre rivestito il ruolo di burloni e di sciocchi: invece Pennywise è tutt'altro che questo. In un primo momento la sua voce è piuttosto simpatica e il suo sorriso contagioso: con voce affabile chiede a Georgie se rivuole la sua barchetta di carta. Proprio mentre il povero piccolo allunga la mano per afferrare la barchetta, i tratti del clown si trasformano, tanto che “la sua sanità mentale ne fu distrutta in un sol colpo”.
“«La tempesta mi ha soffiiii-ato via. Tutto quanto il circo ha spazzato via. Lo senti, l'odore del circo, Georgie? […] Vuoi la tua barchetta, Georgie?» domandò Pennywise.
«Sì, certo», ripeté George, guardando nello scarico.
«E un palloncino? Ne ho di rossi, verdi, gialli, blu...»
«Volano?»
«Se volano?» Il sorriso del clown si allargò. «Oh sì, eccome. Volano! E c'è zucchero filato...»
George allungò la mano.
Il clown gli afferrò il braccio.
E George vide la faccia del clown trasformarsi.
Ciò che vide allora fu tanto orrido che a confronto le sue più tetre fantasie sulla «cosa» in cantina perdevano ogni consistenza.”2
L'atteggiamento di Pennywise assume linee calcolatrici e crudeli, che non suscitano ilarità o benessere. La sua voce viene descritta come lurida, rauca e ridacchiante, mentre la presa su Georgie si fa viscida finchè lo schiocco delle fauci del clown risuona nella canaletta. La vittima viene privata del braccio sinistro e l'ultima sensazione avvertita è una vampata di accecante dolore.
Il termine Unheimliche è stato tradotto non solo come perturbante, ma anche come “il sinistro”3 e “lo spaesamento”. Entrambe sensazioni che la scena della morte di George provoca nel lettore.
Proseguendo nella lettura, si capisce che Pennywise è solo una delle possibili manifestazioni di It, della Cosa assetata di sangue che si avvicina alle prede sfruttando l'oggetto delle loro paure allo scopo di paralizzarle dall'orrore e divorarle. Ognuno dei protagonisti del romanzo, infatti, lo vede in maniera differente: questo perchè It è in realtà una Malia, ovvero una creatura capace di trasformarsi in ciò che più terrorizza la sua vittima. Questo succede anche ai componenti del Club dei Perdenti, nonché protagonisti del romanzo: Bill vede It sotto le sembianze del suo fratellino morto, Richie come un lupo mannaro, Ben come una mummia, Beverly come le voci dei bambini scomparsi che la chiamano dal lavandino, Stanley come i bambini morti nella cisterna della città molti anni prima, Eddie come un vagabondo lebbroso e Mike come un uccello gigante. Tutte le manifestazioni sono a loro modo perturbanti, in particolare quelle di Bill e di Beverly. Ciò che rende It più forte sono i sentimenti di paura che le vittime provano nei confronti delle sue manifestazioni, e per questo motivo mira ad isolarle per renderle deboli e più facilmente avvicinabili. Ogni delitto è caratterizzato dalla comparsa in carne ed ossa dell'incubo della vittima: si giunge ad avere mostri preistorici con zanne affilate che passeggiano assetati di sangue nel parco cittadino, occhi gelatinosi che camminano su tentacoli di polpo, tutte personificazioni del terrore assurde eppure tremendamente reali e letali. È interessante notare come ognuna delle vittime sia curiosamente sola e spesso isolata al momento dell'aggressione. Isolata in duplice modo: da un lato perchè spesso si ritrova in momenti della giornata in cui poche persone sono fuori casa o in luoghi protetti da occhi indiscreti, dall'altro perchè tutti gli abitanti della cittadina di Derry sembrano essere complici di It.
Il padre di Mike, collezionatore di foto d'epoca, conserva all'interno di un album alcune stampe dove si vede chiaramente Pennywise nelle situazioni più assurde, da una festa in un locale negli anni Venti ad una parata nel centro cittadino mentre distribuisce palloncini. Gli unici a vederlo sono sempre e solo i più piccoli, che spesso cercano conforto tra le braccia dei genitori o si mettono a piangere. Gli adulti sembrano completamente ciechi, inconsapevoli del pericolo mortale a pochi passi da loro.
“Il corteo si mosse verso di loro, ma un attimo prima che i partecipanti arrivassero all'estremo del primo piano, nel punto in cui sembrava che dovessero emergere dalla fotografia e marciare nel mondo reale di tredici anni più tardi, scomparve alla loro vista come dietro a un'inconoscibile curva. Dapprima i soldati della prima guerra mondiale con i volti stranamente vecchi sotto gli elmetti a forma di teglia, con i loro cartelli di benvenuto da parte della cittadinanza ai loro figli coraggiosi, poi i boyscout, i kiwaniani, il corpo delle infermiere, la banda cristiana della città, i reduci della seconda guerra mondiale e per finire la banda del liceo. Il serpente di folla passava in una cascata di nastri per telescriventi e coriandoli che fluttuavano dalle finestre più alte delle palazzine commerciali sui lati della strada. E il clown procedeva impettito ai margini del corteo, con le sue piroette e capriole, mimando ora un fuciliere, ora un saluto militare. E Bill s'accorse che la gente si teneva alla larga da lui, ma non come se s'accorgessero della sua presenza, bensì come per sottrarsi a un colpo di vento o a un cattivo odore.
Solo i bambini lo vedevano davvero e si ritraevano intimoriti.”4
A ribadire il concetto è la stessa Beverly, che in un momento di difficoltà rivolge una muta richiesta d'aiuto al vicino di casa, il quale si volta e rientra nella propria abitazione come se nulla fosse. Derry è una trappola senza via di scampo, ed è questo forse l'elemento più perturbante di tutto il romanzo: i protagonisti riconoscono inizialmente Derry come la loro città di appartenenza, ma essa non riconosce loro. Una cittadina che rifiuta i bambini, non proteggendoli dal pericolo aquattato nell'ombra in attesa di colpire.
“Lui chiuse l'acqua, prese un asciugamano sul quale erano arrivati due getti del sangue sgorgato dal lavandino e cominciò ad asciugarsi tranquillamente. In procinto di svenire da un momento all'altro, Beverly lo guardò imbrattarsi di sangue le grosse nocche e le rughe nei palmi delle mani. Gli vide il sangue sotto le unghie.
«Allora? Sto aspettando.» Appese sbadatamente l'asciugamano rosso di sangue.
C'era quel sangue... sangue dappertutto... e suo padre non lo vedeva.”5
I protagonisti, che formano il Club dei Perdenti, riescono a sconfiggere una prima volta It proprio perchè, a differenza delle aspettative e della volontà della Malia, rimangono uniti e sono consapevoli della propria forza. Ognuno di loro si aggrappa fermamente a qualcosa in cui crede per non vacillare di fronte all'orrore. L'esempio più eclatante è rappresentato da Stan Uris, grande appassionato di ornitologia, il quale durante la manifestazione di It sotto le sembianze di uccello enorme e grottesco esclama:
“Io credo nella tanagra rossa anche se non ne ho mai vista una», scandì a voce alta. L'uccello si arrestò sbattendo convulsamente le ali e urlando come se gli avesse sparato. «Credo agli avvoltoi e all'allodola gazza della Nuova Guinea e ai fenicotteri del Brasile!» L'uccello strillò, piroettò nell'aria e si tuffò improvvisamente giù per la galleria, starnazzando come di dolore. «Credo nell'aquila reale del Nord America!» urlò ancora Stan. «E credo che da qualche parte possa esistere anche una fenice! Ma non credo in te, perciò vattene da qui! Sparisci! Dissolviti nel nulla!”6
Ma più di tutto colpisce il fatto che, quando nel 1984 tutti i protagonisti tornano a Derry per sconfiggere definitivamente la Malia, ogni cosa sembra tornata indietro di 27 anni. I protagonisti, che avevano rimosso ogni ricordo della terribile estate del 1958, si ritrovano improvvisamente catapultati contemporaneamente sul treno dei ricordi e dentro a un incubo che sembra non avere fine. Oltre al perturbante troviamo quindi un altro elemento fondamentale della psicoanalisi freudiana: la rimozione, la quale ha il compito di rendere il tutto più sconvolgente e terribile, ma che segna soprattutto il confine netto tra la gioventù e l'età adulta all'interno del libro.
“La teoria della rimozione è dunque il pilastro su cui poggia l’edificio della psicoanalisi. Essa costituisce l’elemento più essenziale della psicoanalisi e non è altro che l’espressione teorica di un’esperienza ripetibile a volontà se si procede all’analisi di un nevrotico senza l’ausilio dell’ipnosi. Accade in questo caso di avvertire una resistenza che si oppone al lavoro analitico e adduce a pretesto un venir meno della memoria, al fine di renderlo vano. […] La valutazione teorica del fatto che questa resistenza coincide con un’amnesia conduce poi inevitabilmente a quella concezione dell’attività psichica inconscia che è propria della psicoanalisi, e che in ogni modo si distingue notevolmente dalle speculazioni filosofiche dell’inconscio.”7
Inizialmente, quando i protagonisti vengono richiamati a Derry per sconfiggere definitivamente la Malia, non riescono a riportare alla mente le fisionomie e i tratti caratteristici degli altri componenti del Gruppo. Alla notizia di Mike del ritorno di It, tutti vengono assorbiti da una voragine di terrore inspiegabile. Hanno ricordi molto frammentari e come velati da una spessa coltre di nebbia. Solo Mike, il quale è rimasto nella cittadina del Maine a svolgere il lavoro di bibliotecario e che telefona agli amici d'infanzia per onorare la promessa fatta nel 1958, è a conoscenza di quasi tutto ciò che il Gruppo dei Perdenti ha affrontato quell'estate. Quando i membri del Club lo raggiungono per portare a termine la missione, tuttavia, a Mike non serve ripercorrere tutti gli eventi trascorsi.
Un esempio di come il passato si faccia più vivo che mai nel romanzo è dato dal fatto che, quando Bill arriva in città per recarsi a pranzo con i suoi vecchi amici, di primo impatto li vede come dei bambini di 12 anni e non come adulti.
“Forse fu solo la fioca illuminazione del locale a dare l'illusione che durò per un momento brevissimo, ma Bill ebbe a chiedersi più tardi se non vi fosse stato una specie di messaggio a lui riservato: che anche il fato sa essere buono. In quel breve momento gli era sembrato che nessuno di loro fosse cresciuto, che i suoi amici avessero emulato Peter Pan e fossero rimasti bambini.”8
Sono i Perdenti stessi che, tramite dejà-vu e intuizioni improvvise e folgoranti come un temporale estivo, si ritrovano a rivivere gli spaventosi eventi che li avevano portati allo scontro con la Malia. Inoltre, Bill, Eddie e Richie, che soffrivano rispettivamente di balbuzie, asma e miopia, precipitano di nuovo nei rispettivi disturbi che avevano egregiamente superato in seguito all'allontanamento da Derry in età adolescenziale, i quali hanno tuttavia il compito di far combaciare le tessere del puzzle dei ricordi che si va formando nelle loro menti.
Subito dopo l'arrivo in città dei protagonisti, ecco spuntare palloncini con scritte macabre, illusioni ottiche e percettive, attacchi mirati a dividere il solido gruppo: It ricorre nuovamente al perturbante per sconfiggere, questa volta definitivamente, il gruppo di ragazzini cresciuti che l'avevano ferito gravemente molti anni prima. Beverly viene attratta con l'inganno nella sua casa d'infanzia, che tramite un'illusione le appare accogliente e abitata. Per poco la Malia, travestita prima da anziana signora per poi trasformarsi nella strega della fiaba “Hansel e Gretel”, non riesce ad ucciderla. Lo stesso vale per Mike, il quale a causa di un'aggressione finisce davvero in ospedale. Il Gruppo, ritrovatosi dopo un pomeriggio al limite della follia, decide di scendere nella tana di It per ucciderlo e liberare finalmente la cittadina dal giogo della Cosa fetida e malvagia.
“Allora potremmo concludere così: si ha una sensazione perturbante quando una data impressione riporta a nuova vita complessi infantili rimossi, oppure quando credenze primitive e superate sembrano trovare nuova conferma.”9
Durante lo scontro finale tra i Perdenti e la Malia nelle fognature della città, in superficie si verificano degli eventi catastrofici che fanno crollare la maggior parte degli edifici di Derry, rendendola simile a una città fantasma dove i superstiti si aggirano meravigliati e inconsapevoli del fenomeno che è realmente avvenuto. Con la morte della Malia, infatti, le stesse radici di Derry vengono estirpate facendo aprire una voragine immensa che dal centro si dirama progressivamente verso la periferia. Ma la sconfitta definitiva di It provoca anche un fatto molto più sconcertante: tutti i Perdenti superstiti, a distanza di un paio di giorni dallo scontro, cominciano a dimenticare tutto ciò che è accaduto e persino gli altri compagni, proprio come la prima volta.
“Cadde di nuovo quel silenzio interurbano, lungo chissà quante miglia fra il Maine e la California. Credo che abbiamo pensato tutti e due la stessa cosa: È finita, sì, e fra sei settimane o sei mesi, ci saremo dimenticati tutto l'uno degli altri. È finita e il prezzo che abbiamo pagato è quello della nostra amicizia insieme con la vita di Stan ed Eddie. Io li ho quasi dimenticati, sapete? Per quanto orribile, ho quasi completamente dimenticato Stan ed Eddie. Che cosa aveva, Eddie, asma o emicrania cronica? Giuro che non lo so più, anche se mi pare che fosse emicrania.”10
Alla luce di quanto analizzato, il romanzo di King sembra svolgere un compito ben preciso: riportare indietro nel tempo tutti i lettori all'epoca della loro fanciullezza, all'epoca delle paure più insensate e alla debolezza di fronte alla sconvolgente potenza di tali paure, ardue da affrontare e sconfiggere da soli. Appare infatti impossibile non immedesimarsi nei protagonisti: si soffre, si lotta e si cerca di trovare una soluzione a problemi che a dodici anni sembrano insormontabili. Durante la lettura ogni logica scompare, lasciando il posto a quella paura estatica e terribile che ha intrappolato tutti almeno una volta. It è in realtà un viaggio all'interno del proprio Io a caccia dei mostri che hanno popolato i sogni di tutte le persone del mondo. È una catarsi dalla quale si esce con il cuore più leggero, con la sensazione di essere diventati adulti all'improvviso e di aver trovato degli amici veri con i quali sconfiggere una volta per tutte il perturbante e il rimosso dell'infanzia.
“Parti e parti in fretta quando il sole comincia a scomparire, pensa in questo sogno. Ecco che cosa fai. E se ti dai tempo per un'ultima riflessione, forse è per dedicarla a dei fantasmi... i fantasmi di alcuni bambini fermi nell'acqua al tramonto, in circolo, a tenersi per mano, giovani, senza incertezze, ma soprattutto risoluti... abbastanza risoluti da dare origine alle persone che saranno, abbastanza risoluti da capire, forse, che dalle persone che diventeranno dovranno necessariamente nascere le persone che sono state in precedenza prima di potersi rimettere a cercare di comprendere il semplice fatto della mortalità. Il cerchio si chiude, la ruota gira e altro non c'è. […]
Non c'è bisogno di girarsi a guardare indietro per vedere quei bambini; parte della mente li vedrà per sempre, vivrà sempre con loro, li amerà sempre. Non sono necessariamente la miglior parte di noi, ma sono stati un tempo depositari di tutto ciò che saremmo potuti essere.
Allora vai senza perdere altro tempo, vai veloce mentre l'ultima luce si spegne, vattene da Derry, allontanati dal ricordo... ma non dal desiderio. Quello resta, tutto ciò che eravamo e tutto ciò che credevamo da bambini, tutto quello che brillava nei nostri occhi quando eravamo sperduti e il vento soffiava nella notte. […]
Tutto il resto è buio.”11
Note:
1 W. Dilthey, Das Erlebnis und die Dichtung, 1906; Kap. Goethe und die dichterische Phantasie
2 S. King, It, pp. 14-15, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
3 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Edizioni Einaudi, Torino 1992
4 S. King, It, pp. 766-767, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
5 S. King, It, pag. 416, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
6 S. King, It, pag. 1086, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
7 S. Freud, Per la storia del Movimento Psicoanalitico, Bollati Boringhieri, 1975
8 S. King, It, pag. 510, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
9 S. Freud, Psicoanalisi dell'arte e della letteratura, traduzione di A. Ravazzolo e C. Balducci, Grandi Tascabili Economici Newton, 1993
10 S. King, It, p. 1183, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
11 S. King, It, pp. 1197-1198, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
Questa etichetta è da attribuire al fatto che la maggior parte delle sue opere contiene una dose massiccia di suspance, incubi, paura ed efferatezza. Tuttavia, ciò che a molti lettori sfugge è l'intreccio sotterraneo di episodi assolutamente banali con fatti perturbanti a tutti gli effetti. L'ipotesi più accreditata è che King scriva del terrore perchè ha la spiccata dote di inscenare cruenza e brutalità. Ipotesi che io personalmente non condivido e motivo per cui ho deciso di analizzare uno dei suoi capolavori, il quale, secondo me, è un Bildungsroman travestito da romanzo dell'orrore. Sto parlando di It.
“Il Bildungsroman consiste nella «storia di un giovane uomo che fa il suo ingresso nella vita avvolto da una felice incoscienza, cerca anime gemelle, incontra l’amicizia e l’amore, si scontra però con le dure realtà del mondo e, tra molteplici esperienze di vita matura, ritrova se stesso e si assicura del suo compito nel mondo.”1
Analizzando in profondità questa opera balza subito all'occhio come King abbia voluto mettere nero su bianco le paure che accomunano tutti i bambini del mondo: paure insensate e spesso raccappriccianti, ma proprio perchè fanno parte dell'immaginario di un bambino sono più forti e difficili da debellare.
Nel 1957 una cittadina del Maine viene scossa da una violenta ondata di brutali omicidi e sparizioni di bambini. Il primo della lunga serie è George Denbrough, fratellino del protagonista, il quale viene brutalmente assassinato mentre sta giocando con una barchetta di carta lungo la canaletta di scolo. L'autore di questa atrocità sembra essere un clown, Pennywise, il quale esiste dall'inizio dei tempi nei sotterranei della cittadina di Derry e che ogni 27 anni si risveglia da un lungo sonno per dar via alla sanguinosa scia di delitti.
Il primo elemento perturbante, che ci dovrebbe far capire che King in realtà non è semplicemente uno scrittore a cui piace spaventare i lettori, sta nel fatto che proprio un pagliaccio è il portatore di morte tra la fascia più giovane e indifesa degli abitanti. I clown sono sempre associati al circo, al divertimento, agli scherzi stupidi e ai palloncini, insomma a tutto ciò che fa ridere e divertire i bambini. È per questo che le vittime si avvicinano ignare al pericolo: chi mai penserebbe di venire ucciso da un pagliaccio, una figura riconosciuta “familiare” dall'immaginario collettivo?
È proprio perchè si associano delle sensazioni gradevoli ed entusiastiche che quando ci imbattiamo per la prima volta in Pennywise ci facciamo prendere da un incantevole terrore, attratti dalla lettura come una falena lo è dalla luce. Pennywise, il Clown Ballerino, si rivolge a George dall'interno di una canaletta di scolo. Il lettore è portato a chiedersi con una certa apprensione: “Cosa ci fa un clown, assieme a tutto il circo, nelle fognature di una città? E perchè invece di cercare una via d'uscita si intrattiene con un bambino parlandogli attraverso una canaletta di scolo?”
L'intento di King è quello di creare una stonatura rispetto a ciò che una persona normale si aspetterebbe in un contesto normale. I pagliacci hanno sempre rivestito il ruolo di burloni e di sciocchi: invece Pennywise è tutt'altro che questo. In un primo momento la sua voce è piuttosto simpatica e il suo sorriso contagioso: con voce affabile chiede a Georgie se rivuole la sua barchetta di carta. Proprio mentre il povero piccolo allunga la mano per afferrare la barchetta, i tratti del clown si trasformano, tanto che “la sua sanità mentale ne fu distrutta in un sol colpo”.
“«La tempesta mi ha soffiiii-ato via. Tutto quanto il circo ha spazzato via. Lo senti, l'odore del circo, Georgie? […] Vuoi la tua barchetta, Georgie?» domandò Pennywise.
«Sì, certo», ripeté George, guardando nello scarico.
«E un palloncino? Ne ho di rossi, verdi, gialli, blu...»
«Volano?»
«Se volano?» Il sorriso del clown si allargò. «Oh sì, eccome. Volano! E c'è zucchero filato...»
George allungò la mano.
Il clown gli afferrò il braccio.
E George vide la faccia del clown trasformarsi.
Ciò che vide allora fu tanto orrido che a confronto le sue più tetre fantasie sulla «cosa» in cantina perdevano ogni consistenza.”2
L'atteggiamento di Pennywise assume linee calcolatrici e crudeli, che non suscitano ilarità o benessere. La sua voce viene descritta come lurida, rauca e ridacchiante, mentre la presa su Georgie si fa viscida finchè lo schiocco delle fauci del clown risuona nella canaletta. La vittima viene privata del braccio sinistro e l'ultima sensazione avvertita è una vampata di accecante dolore.
Il termine Unheimliche è stato tradotto non solo come perturbante, ma anche come “il sinistro”3 e “lo spaesamento”. Entrambe sensazioni che la scena della morte di George provoca nel lettore.
Proseguendo nella lettura, si capisce che Pennywise è solo una delle possibili manifestazioni di It, della Cosa assetata di sangue che si avvicina alle prede sfruttando l'oggetto delle loro paure allo scopo di paralizzarle dall'orrore e divorarle. Ognuno dei protagonisti del romanzo, infatti, lo vede in maniera differente: questo perchè It è in realtà una Malia, ovvero una creatura capace di trasformarsi in ciò che più terrorizza la sua vittima. Questo succede anche ai componenti del Club dei Perdenti, nonché protagonisti del romanzo: Bill vede It sotto le sembianze del suo fratellino morto, Richie come un lupo mannaro, Ben come una mummia, Beverly come le voci dei bambini scomparsi che la chiamano dal lavandino, Stanley come i bambini morti nella cisterna della città molti anni prima, Eddie come un vagabondo lebbroso e Mike come un uccello gigante. Tutte le manifestazioni sono a loro modo perturbanti, in particolare quelle di Bill e di Beverly. Ciò che rende It più forte sono i sentimenti di paura che le vittime provano nei confronti delle sue manifestazioni, e per questo motivo mira ad isolarle per renderle deboli e più facilmente avvicinabili. Ogni delitto è caratterizzato dalla comparsa in carne ed ossa dell'incubo della vittima: si giunge ad avere mostri preistorici con zanne affilate che passeggiano assetati di sangue nel parco cittadino, occhi gelatinosi che camminano su tentacoli di polpo, tutte personificazioni del terrore assurde eppure tremendamente reali e letali. È interessante notare come ognuna delle vittime sia curiosamente sola e spesso isolata al momento dell'aggressione. Isolata in duplice modo: da un lato perchè spesso si ritrova in momenti della giornata in cui poche persone sono fuori casa o in luoghi protetti da occhi indiscreti, dall'altro perchè tutti gli abitanti della cittadina di Derry sembrano essere complici di It.
Il padre di Mike, collezionatore di foto d'epoca, conserva all'interno di un album alcune stampe dove si vede chiaramente Pennywise nelle situazioni più assurde, da una festa in un locale negli anni Venti ad una parata nel centro cittadino mentre distribuisce palloncini. Gli unici a vederlo sono sempre e solo i più piccoli, che spesso cercano conforto tra le braccia dei genitori o si mettono a piangere. Gli adulti sembrano completamente ciechi, inconsapevoli del pericolo mortale a pochi passi da loro.
“Il corteo si mosse verso di loro, ma un attimo prima che i partecipanti arrivassero all'estremo del primo piano, nel punto in cui sembrava che dovessero emergere dalla fotografia e marciare nel mondo reale di tredici anni più tardi, scomparve alla loro vista come dietro a un'inconoscibile curva. Dapprima i soldati della prima guerra mondiale con i volti stranamente vecchi sotto gli elmetti a forma di teglia, con i loro cartelli di benvenuto da parte della cittadinanza ai loro figli coraggiosi, poi i boyscout, i kiwaniani, il corpo delle infermiere, la banda cristiana della città, i reduci della seconda guerra mondiale e per finire la banda del liceo. Il serpente di folla passava in una cascata di nastri per telescriventi e coriandoli che fluttuavano dalle finestre più alte delle palazzine commerciali sui lati della strada. E il clown procedeva impettito ai margini del corteo, con le sue piroette e capriole, mimando ora un fuciliere, ora un saluto militare. E Bill s'accorse che la gente si teneva alla larga da lui, ma non come se s'accorgessero della sua presenza, bensì come per sottrarsi a un colpo di vento o a un cattivo odore.
Solo i bambini lo vedevano davvero e si ritraevano intimoriti.”4
A ribadire il concetto è la stessa Beverly, che in un momento di difficoltà rivolge una muta richiesta d'aiuto al vicino di casa, il quale si volta e rientra nella propria abitazione come se nulla fosse. Derry è una trappola senza via di scampo, ed è questo forse l'elemento più perturbante di tutto il romanzo: i protagonisti riconoscono inizialmente Derry come la loro città di appartenenza, ma essa non riconosce loro. Una cittadina che rifiuta i bambini, non proteggendoli dal pericolo aquattato nell'ombra in attesa di colpire.
“Lui chiuse l'acqua, prese un asciugamano sul quale erano arrivati due getti del sangue sgorgato dal lavandino e cominciò ad asciugarsi tranquillamente. In procinto di svenire da un momento all'altro, Beverly lo guardò imbrattarsi di sangue le grosse nocche e le rughe nei palmi delle mani. Gli vide il sangue sotto le unghie.
«Allora? Sto aspettando.» Appese sbadatamente l'asciugamano rosso di sangue.
C'era quel sangue... sangue dappertutto... e suo padre non lo vedeva.”5
I protagonisti, che formano il Club dei Perdenti, riescono a sconfiggere una prima volta It proprio perchè, a differenza delle aspettative e della volontà della Malia, rimangono uniti e sono consapevoli della propria forza. Ognuno di loro si aggrappa fermamente a qualcosa in cui crede per non vacillare di fronte all'orrore. L'esempio più eclatante è rappresentato da Stan Uris, grande appassionato di ornitologia, il quale durante la manifestazione di It sotto le sembianze di uccello enorme e grottesco esclama:
“Io credo nella tanagra rossa anche se non ne ho mai vista una», scandì a voce alta. L'uccello si arrestò sbattendo convulsamente le ali e urlando come se gli avesse sparato. «Credo agli avvoltoi e all'allodola gazza della Nuova Guinea e ai fenicotteri del Brasile!» L'uccello strillò, piroettò nell'aria e si tuffò improvvisamente giù per la galleria, starnazzando come di dolore. «Credo nell'aquila reale del Nord America!» urlò ancora Stan. «E credo che da qualche parte possa esistere anche una fenice! Ma non credo in te, perciò vattene da qui! Sparisci! Dissolviti nel nulla!”6
Ma più di tutto colpisce il fatto che, quando nel 1984 tutti i protagonisti tornano a Derry per sconfiggere definitivamente la Malia, ogni cosa sembra tornata indietro di 27 anni. I protagonisti, che avevano rimosso ogni ricordo della terribile estate del 1958, si ritrovano improvvisamente catapultati contemporaneamente sul treno dei ricordi e dentro a un incubo che sembra non avere fine. Oltre al perturbante troviamo quindi un altro elemento fondamentale della psicoanalisi freudiana: la rimozione, la quale ha il compito di rendere il tutto più sconvolgente e terribile, ma che segna soprattutto il confine netto tra la gioventù e l'età adulta all'interno del libro.
“La teoria della rimozione è dunque il pilastro su cui poggia l’edificio della psicoanalisi. Essa costituisce l’elemento più essenziale della psicoanalisi e non è altro che l’espressione teorica di un’esperienza ripetibile a volontà se si procede all’analisi di un nevrotico senza l’ausilio dell’ipnosi. Accade in questo caso di avvertire una resistenza che si oppone al lavoro analitico e adduce a pretesto un venir meno della memoria, al fine di renderlo vano. […] La valutazione teorica del fatto che questa resistenza coincide con un’amnesia conduce poi inevitabilmente a quella concezione dell’attività psichica inconscia che è propria della psicoanalisi, e che in ogni modo si distingue notevolmente dalle speculazioni filosofiche dell’inconscio.”7
Inizialmente, quando i protagonisti vengono richiamati a Derry per sconfiggere definitivamente la Malia, non riescono a riportare alla mente le fisionomie e i tratti caratteristici degli altri componenti del Gruppo. Alla notizia di Mike del ritorno di It, tutti vengono assorbiti da una voragine di terrore inspiegabile. Hanno ricordi molto frammentari e come velati da una spessa coltre di nebbia. Solo Mike, il quale è rimasto nella cittadina del Maine a svolgere il lavoro di bibliotecario e che telefona agli amici d'infanzia per onorare la promessa fatta nel 1958, è a conoscenza di quasi tutto ciò che il Gruppo dei Perdenti ha affrontato quell'estate. Quando i membri del Club lo raggiungono per portare a termine la missione, tuttavia, a Mike non serve ripercorrere tutti gli eventi trascorsi.
Un esempio di come il passato si faccia più vivo che mai nel romanzo è dato dal fatto che, quando Bill arriva in città per recarsi a pranzo con i suoi vecchi amici, di primo impatto li vede come dei bambini di 12 anni e non come adulti.
“Forse fu solo la fioca illuminazione del locale a dare l'illusione che durò per un momento brevissimo, ma Bill ebbe a chiedersi più tardi se non vi fosse stato una specie di messaggio a lui riservato: che anche il fato sa essere buono. In quel breve momento gli era sembrato che nessuno di loro fosse cresciuto, che i suoi amici avessero emulato Peter Pan e fossero rimasti bambini.”8
Sono i Perdenti stessi che, tramite dejà-vu e intuizioni improvvise e folgoranti come un temporale estivo, si ritrovano a rivivere gli spaventosi eventi che li avevano portati allo scontro con la Malia. Inoltre, Bill, Eddie e Richie, che soffrivano rispettivamente di balbuzie, asma e miopia, precipitano di nuovo nei rispettivi disturbi che avevano egregiamente superato in seguito all'allontanamento da Derry in età adolescenziale, i quali hanno tuttavia il compito di far combaciare le tessere del puzzle dei ricordi che si va formando nelle loro menti.
Subito dopo l'arrivo in città dei protagonisti, ecco spuntare palloncini con scritte macabre, illusioni ottiche e percettive, attacchi mirati a dividere il solido gruppo: It ricorre nuovamente al perturbante per sconfiggere, questa volta definitivamente, il gruppo di ragazzini cresciuti che l'avevano ferito gravemente molti anni prima. Beverly viene attratta con l'inganno nella sua casa d'infanzia, che tramite un'illusione le appare accogliente e abitata. Per poco la Malia, travestita prima da anziana signora per poi trasformarsi nella strega della fiaba “Hansel e Gretel”, non riesce ad ucciderla. Lo stesso vale per Mike, il quale a causa di un'aggressione finisce davvero in ospedale. Il Gruppo, ritrovatosi dopo un pomeriggio al limite della follia, decide di scendere nella tana di It per ucciderlo e liberare finalmente la cittadina dal giogo della Cosa fetida e malvagia.
“Allora potremmo concludere così: si ha una sensazione perturbante quando una data impressione riporta a nuova vita complessi infantili rimossi, oppure quando credenze primitive e superate sembrano trovare nuova conferma.”9
Durante lo scontro finale tra i Perdenti e la Malia nelle fognature della città, in superficie si verificano degli eventi catastrofici che fanno crollare la maggior parte degli edifici di Derry, rendendola simile a una città fantasma dove i superstiti si aggirano meravigliati e inconsapevoli del fenomeno che è realmente avvenuto. Con la morte della Malia, infatti, le stesse radici di Derry vengono estirpate facendo aprire una voragine immensa che dal centro si dirama progressivamente verso la periferia. Ma la sconfitta definitiva di It provoca anche un fatto molto più sconcertante: tutti i Perdenti superstiti, a distanza di un paio di giorni dallo scontro, cominciano a dimenticare tutto ciò che è accaduto e persino gli altri compagni, proprio come la prima volta.
“Cadde di nuovo quel silenzio interurbano, lungo chissà quante miglia fra il Maine e la California. Credo che abbiamo pensato tutti e due la stessa cosa: È finita, sì, e fra sei settimane o sei mesi, ci saremo dimenticati tutto l'uno degli altri. È finita e il prezzo che abbiamo pagato è quello della nostra amicizia insieme con la vita di Stan ed Eddie. Io li ho quasi dimenticati, sapete? Per quanto orribile, ho quasi completamente dimenticato Stan ed Eddie. Che cosa aveva, Eddie, asma o emicrania cronica? Giuro che non lo so più, anche se mi pare che fosse emicrania.”10
Alla luce di quanto analizzato, il romanzo di King sembra svolgere un compito ben preciso: riportare indietro nel tempo tutti i lettori all'epoca della loro fanciullezza, all'epoca delle paure più insensate e alla debolezza di fronte alla sconvolgente potenza di tali paure, ardue da affrontare e sconfiggere da soli. Appare infatti impossibile non immedesimarsi nei protagonisti: si soffre, si lotta e si cerca di trovare una soluzione a problemi che a dodici anni sembrano insormontabili. Durante la lettura ogni logica scompare, lasciando il posto a quella paura estatica e terribile che ha intrappolato tutti almeno una volta. It è in realtà un viaggio all'interno del proprio Io a caccia dei mostri che hanno popolato i sogni di tutte le persone del mondo. È una catarsi dalla quale si esce con il cuore più leggero, con la sensazione di essere diventati adulti all'improvviso e di aver trovato degli amici veri con i quali sconfiggere una volta per tutte il perturbante e il rimosso dell'infanzia.
“Parti e parti in fretta quando il sole comincia a scomparire, pensa in questo sogno. Ecco che cosa fai. E se ti dai tempo per un'ultima riflessione, forse è per dedicarla a dei fantasmi... i fantasmi di alcuni bambini fermi nell'acqua al tramonto, in circolo, a tenersi per mano, giovani, senza incertezze, ma soprattutto risoluti... abbastanza risoluti da dare origine alle persone che saranno, abbastanza risoluti da capire, forse, che dalle persone che diventeranno dovranno necessariamente nascere le persone che sono state in precedenza prima di potersi rimettere a cercare di comprendere il semplice fatto della mortalità. Il cerchio si chiude, la ruota gira e altro non c'è. […]
Non c'è bisogno di girarsi a guardare indietro per vedere quei bambini; parte della mente li vedrà per sempre, vivrà sempre con loro, li amerà sempre. Non sono necessariamente la miglior parte di noi, ma sono stati un tempo depositari di tutto ciò che saremmo potuti essere.
Allora vai senza perdere altro tempo, vai veloce mentre l'ultima luce si spegne, vattene da Derry, allontanati dal ricordo... ma non dal desiderio. Quello resta, tutto ciò che eravamo e tutto ciò che credevamo da bambini, tutto quello che brillava nei nostri occhi quando eravamo sperduti e il vento soffiava nella notte. […]
Tutto il resto è buio.”11
Note:
1 W. Dilthey, Das Erlebnis und die Dichtung, 1906; Kap. Goethe und die dichterische Phantasie
2 S. King, It, pp. 14-15, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
3 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Edizioni Einaudi, Torino 1992
4 S. King, It, pp. 766-767, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
5 S. King, It, pag. 416, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
6 S. King, It, pag. 1086, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
7 S. Freud, Per la storia del Movimento Psicoanalitico, Bollati Boringhieri, 1975
8 S. King, It, pag. 510, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
9 S. Freud, Psicoanalisi dell'arte e della letteratura, traduzione di A. Ravazzolo e C. Balducci, Grandi Tascabili Economici Newton, 1993
10 S. King, It, p. 1183, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017
11 S. King, It, pp. 1197-1198, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2017